Il film “Mixed By Erry” di Sidney Sibilia esce oggi nelle sale italiane.
Non scriverò una recensione del film (per cui rimando ad altri autorevoli giornalisti di settore), ma proverò a darvi il punto di vista di un avvocato che si occupa di Copyright.
“Mixed By Erry” racconta la storia del più grande falsario italiano di musicassette, Enrico Frattasio, e dei suoi fratelli, protagonisti a cavallo degli anni ’80 e ’90 di una delle storie più avvincenti della storia musicale contemporanea.
Vi chiederete perché la storia di Enrico Frattasio e della sua “Mixed by Erry” è meritevole di attenzione, soprattutto da parte di un avvocato.
Domanda legittima.
La duplicazione delle musicassette rappresenta una violazione della legge sul diritto d’autore, in quanto la vendita delle cassette non era autorizzata né venivano corrisposte royalties ai musicisti o alle case discografiche.
Se tale assunto è evidente, d’altro canto “Mixed By Erry” aveva messo in piedi una filiera distributiva così capillare da permettere sostanzialmente a qualsiasi artista inserito nelle playlist in musicassetta da lui prodotte di arrivare al pubblico senza passare per i, spesso inarrivabili, negozi di settore.
Da un punto di vista economico, venivano quindi sottratte a musicisti ed eventuali case discografiche il 100% delle royalties in cambio di un’efficiente distribuzione del proprio prodotto musicale, che è più o meno ciò che accade oggi quando un artista o un’etichetta non major pubblica dei brani su Spotify.
Il guadagno risulta (quasi) nullo in termini di proventi diretti.
D’altro canto, la potenziale incredibile visibilità ampliava ed amplia la chance di farsi ascoltare in maniera trasversale, migliorando sensibilmente la possibilità di essere ingaggiati per concerti dal vivo, con possibilità quindi di riscuotere cachet, vendere merchandising ed alimentare indirettamente l’indotto musicale.
Per l’underground musicale, molti diranno che Mixed By Erry è stato probabilmente un volano di sviluppo spesso trainato dai gusti popolari del momento (vedi il primo Gigi d’Alessio).
Alcuni artisti come Tony Tammaro, che non digerivano il fatto che terze persone lucrassero sulle proprie produzioni musicali, per contrastare simbolicamente il fenomeno decise di mettere in vendita i propri album ad un prezzo inferiore a quello che veniva venduto, contraffatto, sulle bancarelle.
Molti altri artisti bramavano, come accade oggi per Spotify, l’inserimento in quelle playlist d’autore, così da rientrare in quel giro di distribuzione che li avrebbe potenzialmente far ascoltare ovunque.
Certo, se guardiamo al danno creato alle major, il prospetto economico cambia.
Se si pensa che nel1991 le “produzioni” di Mixed By Erry coprivano quasi un quarto del mercato discografico italiano, ci rendiamo conto che l’impatto è stato notevole.
È anche vero che l’aver orientato tutti i problemi della filiera discografica italiana nei confronti della pirateria non ha contribuito all’innovazione dell’industria, né da un punto di vista legislativo con una normativa costantemente protezionista e poco incline alla possibilità di diversificazione tra la protezione delle opere d’ingegno, né da un punto di vista economico non essendo riusciti a rispondere ai fenomeni sociali che, in un certo modo, il fenomeno Mixed By Erry aveva anticipato.
Avendo fondato Subcava Sonora, la prima etichetta italiana a distribuire musica con licenze Creative Commons distaccandosi dal copyright classicamente inteso, mentirei dicendo di non riconoscere l’importanza di Mixed By Erry nella mia formazione musicale e culturale.
Credo ad ogni modo, da avvocato, che siano maturi i tempi per affrontare una discussione sul diritto d’autore che guardi con flessibilità alle nuove tecnologie, con la consapevolezza di non poter pensare il diritto d’autore con una mentalità novecentesca.
Avv. Alfredo Esposito
Studio Legale Difesa d’Autore