L’intelligenza artificiale (dall’inglese Artificial Intelligence, di seguito AI) – nel porre nuove sfide in quei settori in cui l’intelletto (ingegno) umano è la conditio sine qua non un’opera non sarebbe altrimenti tutelabile – ha aperto la strada a nuovi paradigmi sociali, organizzativi e lavorativi.
Un hot topic che porta con se implicazioni tanto di natura etica quanto legale. Numerose sono infatti le problematiche che stanno emergendo dal suo diffuso utilizzo.
Autorialità: la creatività simulata dall’intelligenza artificiale può essere tutelata?
Una delle questio su cui ampiamente si sta dibattendo riguarda l’autorialità sulle opere create dall’AI: ci si chiede se sia possibile tutelarle al pari di quelle umane.
A fronte del silenzio normativo causato dall’assenza – sia nelle leggi nazionali sul diritto d’autore o Copyright (per i sistemi di Common Law) che per la normativa internazionale – di una dettaglia definizione di autorialità, la giurisprudenza nazionale e sovranazionale è intervenuta affermando, in numerose sentenze, che la creatività e l’originalità dell’opera riviene la propria ragion d’essere nell’ingegno dell’essere umano. A tal riguardo, con la sentenza Infopaq C-05/08 CGE, la Corte ha statuito che l’opera è tutelata quale “risultato della creazione intellettuale dell’autore”. Su questa linea, la WIPO ha tentato di definire il concetto di proprietà intellettuale collegandolo alla “creazione della mente”. In entrambi i casi, lo sforzo chiarificativo è stato vanificato – ad avviso di chi scrive – da definizioni poco dettagliate, accrescendo l’incertezza in materia. Non risulta, infatti, alcuna specifica circa la necessaria natura umana dell’autore e/o della mente.
Il dibattito sembra essersi acceso soprattutto negli ultimi anni, a seguito di un’accelerazione creativa da parte dell’AI, la quale, in misura maggiore, ha mostrato ampie abilità nella creazione spontanea di opere, senza che vi fosse alcun intervento umano. Dietro una tale capacità, secondo alcuni studiosi, vi è un processo cognitivo artificiale che simula il funzionamento neuronale del cervello umano combinando e mixando un’immensa mole di input che restituiscono un output umanamente non prevedibile.
Tuttavia, discutere di riconoscimento dell’autorialità in capo ad una macchina intelligente significa immetersi su di un campo minato. Allo stato attuale bisogna ricordare che non vi è alcun personalità giuridica riconosciuta, pertanto il discorso sembra essere aleatorio. E forse, affinchè questo riconoscimento possa trovare attuazione dovrà trascorrere ancora qualche decennio.
Dunque, allo stato attuale l’AI viene ancora considerata come mero “tool” al pari di una semplice macchina da presa o fotografica. Ma giuridicamente parlando, non vi è alcun esplicito riferimento normativo che garantisca una protezione, seppur minima, alle opere create dall’AI. Forte, infatti, risulta essere il richiamo all’essere umano. In assenza di questo requisito fondamentale, come affermato da molti ricercatori del settore, l’opera cadrebbe in automatico nel pubblico dominio.
La necessaria umanità dietro l’opera creata rinviene la propria ratio giustificatrice nel fatto che la legge sul diritto d’autore pone la propria attenzione sull’autore (persona fisica) e non sull’opera in quanto tale. La complessità della questione risulta proprio dall’ancoraggio dell’autorialità dibattuta ad un approccio utilitaristico della normativa.
Se non Artificial Intelligence, chi?
A riguardo diverse sono le teorie che cercano di individuare il soggetto in capo a cui riconoscere una tutela autoriale. Colui che ha realizzato la macchina stessa, al programmer (colui che ha provveduto all’inserimento degli algoritmi) o allo users?Ovvimente, non si potrà giungere ad una vera e propria definizione della questione. Allo stato attuale, ogni singolo caso dovrà essere valutato di volta in volta. Pertanto, seguendo la scia di molti studiosi e avvocati del settore, l’unica azione legislativa interessante potrebbe essere la creazione di una normativa ad hoc.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Il dibattito su temi riguardanti l’autorialità e l’originalità circa opere create dall’AI resta aperto. Prima che vengano tirate le somme saremo costretti ancora a brancolare nel buio dell’universo giuridico, affidandoci a diverse interpretazioni e orientamenti. Ciò sembra terribilmente vero soprattutto nei paesi di Civil Law, mentre qualche passo in avanti è stato compiuto nei paesi di Common law, ed in particolar modo nel Copyright, Designs and Patents Act 1988 (CDPA), la quale, all’articolo 9 (3), con un richiamo specifico al computer generetd work, sembra aver fatto un passo avanti, sebbene la norma sia stata travolta da un tornado interpretativo che spinge in direzioni diverse.
Posto che avere una visione troppo fantascientifica dell’AI come autore, almeno allo stato dell’arte, non ci porta molto lontano. È necessario comprendere, alla luce delle recenti evoluzioni tecnologiche, su cosa vada ad incidere questo cambiamento. Sicuramente bisognerà focalizzarsi sui modelli di business rendendoli più conformi all’esigenza di tutela.
In conclusione, oggi l’AI viene ancora considerata come un semplice tool, al pari di una macchina fotografica o una macchina da presa. Personalmente trovo questa equiparazione svilente, in quanto questo sistema, soprattutto attraverso il Machine learning, è più di un semplice supporto strumentale. Per cui forse, una normativa ad hoc dovrebbe essere il prossimo passo da intraprendere, pur ammettendo che fino a quando non si procederà al riconoscimento della personalità giuridica, sarà impossibile ottenere una tutela autoriale.
Inoltre, bisognerà cambiare la prospettiva sulla teoria utilitaristica. Ossia, incentivare i ricercatori nella produzione di macchine sempre più intelligenti ed autonome, consentono il progresso della società, senza mai svilire l’uomo e il suo apporto nel lavoro.
Articolo a cura dell’Avv. Angela Patalano